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IlSole24ORE - ARTE- scritto da Tiziana Pikler il 15 Luglio 2018

Leonardo da Vinci: la sua prima opera pittorica è un Arcangelo Gabriele Verranno riscritti i libri di storia dell’arte? Possibile. Certo è che la scoperta annunciata dal professor Ernesto Solari, noto studioso di Leonardo da Vinci, e dalla grafologa Ivana Rosa Bonfantino, a pochi mesi dai 500 anni dalla morte dell’artista, è una di quelle destinate a far discutere. La prima opera pittorica di Leonardo pare infatti non essere più la “Vergine delle Rocce” (1486), così come il primo autoritratto dell’artista non sarebbe quello che compare nel ’”Adorazione dei Magi” (1481-82). Entrambe queste ‘prime volte’ vengono infatti spazzate via dall’Arcangelo Gabriele realizzato su una quadrella, una piastrella quadrata (da qui il nome) in terracotta invetriata della dimensione di 20×20 cm e uno spessore di 1,2 cm. Per i due studiosi sarebbe quindi questa la prima opera pittorica di Leonardo, la prima anche a riportare la firma autografa dell’artista che si legge, da sinistra verso destra, sul volto dell’Arcangelo insieme alla data di realizzazione (1471) e a quello che è stato presentato come il primo rebus del vinciano, un intreccio di lettere e numeri sotto il suo nome incluso il 52 che indicherebbe la data di nascita dell’artista, il 72 il numero dell’Arcangelo Gabriele nonché l’anno in cui Leonardo ha iniziato la sua attività. “La dicitura letterale del rebus è: io mi sono raffigurato come Arcangelo Gabriele”, spiegato Solari. Non solo. Sul bordo inferiore della quadrella si trova anche una sigla “LDV ib” che indicherebbero le iniziali dell’artista in modo abbreviato e, in maniera speculare, la propria località di origine: Lionardo da Vinci di Vinci . Un altro fraintendimento riguarderebbe anche la macchina con la quale l’artista avrebbe realizzato la quadrella, nell’aprile del 1471 nella fornace del nonno a Baccareto, in precedenza intesa come uno strumento musicale. Secondo lo studioso, Leonardo tenne con se la quadrella fino al 1499, anno in cui la donò alla duchessa di Amalfi Giovanna d’Aragona che successivamente la diede, insieme ad alcuni terreni, alla nobile famiglia Fenicia di Ravello, i cui gli eredi – un ramo della famiglia di Ruvo di Puglia – detengono oggi l’opera. Su questa donazione si inserisce anche il continuo dibattito su chi realmente sia la celebre “Gioconda” del Louvre. “Per me, come per altri studiosi, non può essere la nobildonna Lisa Gherardini. E se fosse, invece, proprio Giovanna D’Aragona?”, rilancia Solari. Le peculiarità artistiche dell’Arcangelo Gabriele che hanno portato lo studioso a ricondurre spessore del colore, il chiaroscuro, il ricciolo della capigliatura, il tratto mancino della mandibola e del collo oltre al fatto che un’unica linea ha tracciato interamente il profilo. Questo Arcangelo, inoltre, non è idealizzato e le ali del pavone che ne contraddistinguono la figura ne indicano l’immortalità. L’artista, quindi, già nel 1471, sarebbe stato consapevole del proprio genio e con quest’opera dichiarava di voler raggiungere l’eternità nella pittura.   “Il valore di quest’opera? Non è stimabile. Mi auguro solo che lo Stato italiano non se la faccia sfuggire”, conclude Solari.